L’uomo cerca risposte immediate al proprio disagio e le trova nel controllare nascita, vita e morte negandosi la possibilità di capire e costruire con coscienza propria la “verità” che prende il nome di libertà della persona. Nella vita, si cercano legami affettivi e relazionali sicuri, gestibili, senza fatiche e responsabilità.
Le relazioni facili sono evidenti dove si cerca il dominio dell’altro per sentire il proprio “respiro”! Non è solo un problema di sicurezza ma di grande e generale solitudine.
Ma tutto questo cercare risposte immediate al dolore interiore provoca una frattura difficile da colmare fra l’uomo e la sua umanità: l’uomo si spoglia dell’immensa libertà di scegliere la vita per conoscere la più drammatica delle morti, quella dello spirito.
L’uomo cerca prevenzione a tutto per trovare sicurezze, per allontanare ciò che fa paura. In questo clima di certezze apparenti chi soffre sono gli ultimi, le persone che non hanno voce: l’altro in quanto tale.
Ci si preoccupa di loro mantenendo le distanze invece di occuparcene perché non sono il problema ma la proiezione del nostro: è ipocrisia cercare alibi nell’altro. Incontriamolo! La “sfiducia” e il terrore nei rapporti umani rendono più difficile il discernimento bene-male, rendono più lontani le persone vicine e l’intimo rapporto con se stessi.
Il risultato è la solitudine dell’uomo, la mancanza di fede, di speranza e, di conseguenza, di verità nei rapporti con se stessi.
L’istinto ci porta a credere nelle immagini eroiche, mitologiche, illusione e “morfina” di un culto idolatra che sta portando la vita alla povertà del disincontro nell’amore delle coppie, nel rispetto verso i genitori, nell’accoglienza di amici, colleghi…
Tutto questo porta ad una reazione istintiva e animalesca con manifestazioni, verbali e non, espressione di un male che cresce.
Ciò si concretizza in chi opera per un cambiamento radicale che mira a distruggere l’unità interiore.
Nelle immagini eroiche di paladini “di un futuro di certezze”, tutti siamo all’angolo del tempio, pronti a incoronarci profeti della pace, portatori di verità, difensori del giusto nella tentazione di sostituirci a Dio in una onnipotenza fragile come il corpo, quanto nell’aspirazione di essere ricordati e riconosciuti.
Siamo incapaci, invece, di riconoscere il potere che ha su di noi la xenofobia, espressione reale e preoccupante della paura di noi stessi.
Ma come placare le paure, le incertezze, le immagini che vorremmo assumere per essere risolutori di un malessere interiore e intenso? Le risposte sono nella relazione che l’uomo riesce a costruire in ogni suo credo, diversità e ci tengo a sottolineare “ricchezza”, non certo dietro ad una corazza chiamata ipocrisia.
L’altro è occasione vera per rispondere a esigenze e responsabilità che abbiamo verso la vita: la possibilità quotidiana di vivere nel “deserto” la conversione, la morte, la risurrezione per trovare una risposta decisa, senza compromessi nella riconciliazione.
Qui è la nostra certezza, senza illusioni o confusioni, che richiede fiducia totale nello scoprire la nostra unicità nei limiti, nelle ricchezze che ci contraddistinguono e nello svelare l’altro come “specchio” del nostro cammino.
MM